John Nixon per Mail On Sunday”
Estratto da “Debriefing The President: The Interrogation Of Sddam Hussein”, di John Nixon.
John Nixon con Saddam Hussein appena catturato
JOHN NIXON CATTURA SADDAM
Stavo in piedi da 27 ore ed ero esausto, ma la notizia mi diede un’ adrenalina mai provata prima. La Squadra delle Forze Speciali aveva individuato un uomo che corrispondeva alla descrizione di quello che chiamavamo ‘High Value Target No 1’, il nostro bersaglio numero uno. I miei capi alla Cia misero sotto torchio me, l’esperto: quel tizio sciatto e robusto poteva essere Saddam Hussein?
Era il 13 dicembre 2003, mi trovavo in Iraq da 8 settimane e a chiamarmi fu Buzzy Krongard, capo della CIA. La guerra proseguiva da nove mesi ma quando si trattava del dittatore, ottenevamo solo gli ‘avvistamenti Elvis’, così li chiamavamo. Finché una squadra non trovò questo tipo barbuto nascosto in un bunker vicino Tikrit. Studiando su molti video, avevo scoperto che che il dittatore aveva tatuaggi tribali sulla mano destra e sul polso, una cicatrice da proiettile nella gamba sinistra, il labbro inferiore che penzolava da un lato.
Saddam Hussein stanco e rassegnato dopo la cattura
SADDAM CONFUSO E DISTRATTO NEGLI ULTIMI ANNI DEL REGIME
C’era la leggenda che Saddam avesse messo in circolazione un sacco di sosia per depistarci e farsi gioco dell’intelligence, così stilai una lista di domande cui solo il dittatore in questione avrebbe potuto rispondere. Dopo lunga attesa, a mezzanotte, il convoglio raggiunse l’aeroporto di Baghdad, passammo gli edifici che un tempo erano il quartier generale della Guardia Speciale Repubblicana di Saddam, e dopo altro tempo entrai nella stanza. Eccolo lì, seduto su una sedia di metallo, con la ‘dishdasha’ lunga fino alle caviglie e una giacca a vento blu.Non si può negare che l’uomo avesse carisma. Era alto e robusto, Anche da prigioniero certo di essere giustiziato, manteneva un’aria di importanza. Parlai prima tramite traduttore: «Mi capisci?». Saddam fece cenno di sì con il capo. «Quand’è l’ultima volta che hai visto i tuoi figli vivi?». Mi aspettavo fosse sprezzante ma mi spiazzò la sua aggressività: «Chi siete? Intelligence militare? Mukhabarat? Rispondete. Identificatevi».
Cominciai con le domande e lui rispondeva solo quando voleva. Tuonò: «Perché non mi domandi della politica? Potresti imparare molto da me». Si lamentava del modo in cui era stato trattato dalla truppa, si alzò l’abito e mi mostrò le ferite. Ero incredulo: non si era fatto problemi a massacrare la sua gente e faceva caso a qualche graffio? Notai però la vecchia ferita da proiettile sulla gamba sinistra. Era lui. Adesso dovevamo scoprire di più sulle armi di distruzione di massa, cioè la ragione per cui eravamo entrati in Iraq.
Saddam Hussein 1983
Lui replicò: «Avete trovato un traditore che vi ha dato Saddam Hussein. Non ne trovate uno che vi dica dove stanno le armi di distruzione di massa?2. Disse che gli americani erano una manciata di teppisti ignoranti che non capivano l’Iraq e che lo avrebbero distrutto. Proseguì: «L’Iraq non è una nazione di terroristi. Non avevamo alcuna relazione con Bin Laden, né armi di distruzioni di massa, e non eravamo una minaccia per i nostri vicini. Ma il Presidente [George W Bush] ha detto che volevamo attaccare e che le possedevamo. Non abbiamo nemmeno mai pensato di usarle, non ne abbiamo mai parlato. Usare armi nucleari contro il mondo? C’è qualcuno sano di mente che lo farebbe? Chi avrebbe usato queste armi, visto che nessuno le aveva usate contro di noi?».
Non era la risposta che ci aspettavamo. Come aveva fatto l’America a sbagliare? Lui aveva un’idea: «Non c’è stato ascolto né comprensione, ma non mi escludo da queste colpe». Diceva la verità? Gli chiesi dell’uso di armi chimiche contro la città curda di
Halabja durante la guerra fra Iran e Iraq e divenne furioso: «Non ho paura di voi e del vostro Presidente. Farò ciò che è necessario per difendere il mio paese ma non presi quella decisione». Chiudemmo la conversazione, mentre andava via mi gelò con uno sguardo omicida. Il mio istinto mi diceva che Saddam aveva detto qualche verità. Era furibondo per Halabja. Non tanto perché i suoi ufficiali usarono armi chimiche (non mi sembra di aver notato rimorso per questo), ma perché aveva aiutato la propaganda dell’Iran.
ARRESTO SADDAM
Mi sorprese anche nei successivi interrogatori. Molti eminenti psichiatri per anni avevano studiato la sua mente e affermato che la sua crudeltà derivasse da traumi infantili, dal patrigno che lo picchiava. A me disse che ‘il patrigno era stato l’uomo più gentile mai incontrato’. Sapevamo che aveva problemi di salute e aveva smesso di fumare e di mangiare carne rossa. Lui disse invece che fumava quattro sigari al giorno e mangiava carne rossa. Stava benissimo. Secondo il profilo CIA, però, era un bugiardo cronico. Era chiaro comunque, che negli ultimi anni non avesse regnato con padronanza, come noi credevamo. Non aveva idea di quello che succedeva in Iraq, non aveva piani di difesa per il suo paese, era distratto e disattento.
manovre militari in Iraq
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CADUTA SADDAM
Negò qualsiasi coinvolgimento nell’attacco dell’11 settembre: «Da che paesi provenivano? Arabia Saudita. Quel capobanda di Muhammad Atta era forse iracheno? No. Era egiziano. Allora perché pensate che io sia coinvolto con gli attacchi?». Saddam riteneva anzi che gli attacchi avrebbero avvicinato l’America all’Iraq in quanto il suo governo secolare poteva aiutarla a combattere il fondamentalismo. Quanto si era tristemente sbagliato!
LA CATTURA DI SADDAM HUSSEIN
Aveva ragione quando, durante gli interrogatori, mentre sentivamo i colpi esterni, diceva che avremmo fallito: «Non conoscete la nostra lingua, la nostra storia, la nostra mentalità. Siamo la notte e il giorno, l’estate e l’inverno». L’unica volta che mostrò emozioni fu quando parlò delle figlie Rana e Raghid: «Mi mancano terribilmente». Era fiero dei due figli sanguinari Uday e Qusay, conscio dei loro difetti, periò era stato costretto a punirli, talvolta. Era arrabbiatissimo quando scoprì che Uday aveva Bentley, Jaguar e Mercedes in garage, protetto dai soldati: «Che tipo di messaggio mandava alla gente irachena che soffriva». Aggiunse: «La prossima estate, quando farà molto caldo, gli iracheni si ribelleranno. Ditelo a Bush!».
sculture in bronzo alte 9 mt di SaddamHussein
09 aprile 2003 CADUTA SADDAM HUSSAIN
Nel 2006 fu impiccato, nel 2007 mi dovetti presentare nello studio ovale da George W. Bush. Mi chiese che tipo d’uomo fosse Saddam. Gli spiegai che all’inizio fu disarmante e autolesionista, e il presidente non gradì. Aggiunsi che il vero Saddam era sarcastico, arrogante, sadico, e questo sembrò calmare Bush. Guardò Dick Cheney e scherzò: «Sicuro che Saddam non ti ha detto dove ha messo quelle fiale di antrace?». Tutti risero ma io lo ritenni inappropriato. L’America aveva perso oltre 4000 soldati sul campo.
GEORGE W BUSH
Mesi dopo, fui di nuovo convocato alla Casa Bianca. Bush appariva distratto e infastidito, mi chiese Muqtada al-Sadr, leader Mahdi milizia da lui fondata per combattere le forze di occupazione in Iraq. Non era in agenda, così risposi: «E’ una domanda da 64.000 dollari!». Bush ripose che ero un testa di cazzo, ma nel suo memoir scrisse che non aveva mai messo in discussione i patrioti della Cia che avevano lavorato duramente in Iraq. Diede colpa alla CIA per ogni errore commesso invece il problema è che sentì solo quello che voleva sentire. Non voglio dire che Saddam fosse innocente, era un dittatore sanguinario, ma col senno di poi, avere un Saddam invecchiato e senza potere mi sembra migliore che perdere vite dei nostri uomini e donne in divisa, che assistere alla nascita dello Stato Islamico e aver sperperato tre triliardi per costruire il nuovo Iraq.
Saddam Hussein in tribunale
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